…come sentirci felici con ciò che già possediamo.
Immaginiamo di essere come l’acqua, e con naturalezza scivoliamo via …
Christiane
In psicologia, questo termine che trova le sue radici nel buddismo* viene studiato ed interpretato nel ambito dei rapporti affettivi.
In ogni caso resta comunque una necessità vitale che ci permette di stabilire i limiti necessari per poter vivere in equilibrio e armonia con noi stessi.
Non corrisponde al non possedere nulla o a rinunciare a quanto possediamo e neppure a costruire rapporti amorevoli in cui evitare l’attaccamento emotivo ma semplicemente comporta l’evitare che le cose e le persone possano dominarci.
Come umani fin da quando nasciamo necessitiamo per sentirci al sicuro di rafforzare il vincolo con le persone che amiamo ma quando ne manifestiamo dipendenza o necessità di controllo il rapporto affettivo diventa tossico.
Di conseguenza, se ci sentiamo insicuri, cerchiamo di colmare queste carenze emotive con l’avere e l’ottenere cose responsabilizzando della nostra felicità chi ci circonda.
Possiamo pertanto dedurre che non dobbiamo costruire il nostro benessere in funzione a ciò che fanno o smettono di fare gli altri ma dipendere solo dalle nostre azioni senza aspettarci nulla.
Non è mai semplice apprendere a non farci governare dalle nostre emozioni perché risulta una regola non scritta… vincolata alla nostra crescita personale.
Per poterla mettere in pratica nel nostro quotidiano e poter così coltivare relazioni libere da vittimismi e dipendenze è necessario evitare innanzitutto di concentrare le nostre speranze e aspettative sul risultato… e apprendere dal percorso… accettando tutte le variabili incertezze.
Ad esempio, nei confronti dei nostri figli, non sempre siamo consapevoli che la paura ossessiva che succeda loro qualcosa o che sbaglino…rallenta il processo che li renderà indipendenti, responsabili ed autonomi.
E con lo stesso criterio, sbagliamo anche quando restiamo così attaccati alla nostra famiglia d’origine non trovando il coraggio di farci una vita propria.
Oppure, lasciamo che il nostro appagamento dipenda dagli stati d’animo, capricci e comportamenti di una sola persona.
E ancora quando per avere uno status sociale elevato possedendo più cose e ci aggrappiamo al lavoro e al fare carriera per guadagnare di più.
In tutte queste circostanze è necessario prenderci il tempo di riprendere il controllo di ciò che pensiamo, sentiamo e facciamo ricordando che la felicità non dipende dall’accumulare sempre più cose.
Riflettendo… anche se non esiste una formula magica, dobbiamo cercare di liberarci dagli eccessi, dipendenze, paure e insicurezze che ci affondano ogni giorno un po’ di più e imparare a distinguere ciò che è meritevole della nostra attenzione.
In conclusione il distacco/attaccamento è parte della nostra integrità personale in quanto possiamo essere solo noi gli artefici della nostra vita…
e se affrontando le sfide quotidiane impariamo a coltivare autostima, rafforzeremo la nostra ricchezza interiore potendo così essere in grado non solo di essere felici…ma anche di rendere felici gli altri…
Distacco non significa che tu non devi possedere nulla. Significa che nulla dovrebbe possedere te.
Ali Ibn Abi Talib
ZEN…l’arte di vivere
Il distacco è la risposta buddhista (per lo meno del buddhismo Theravada) al problema della sofferenza. Il distacco nasce dalla profonda comprensione della reale consistenza e della qualità della nostra vita.
Tutto ciò che pensiamo, diciamo e facciamo è strettamente legato a ciò che siamo, di solito dandolo per assodato, convinti di essere.
Normalmente siamo convinti di essere realmente in vita (e questo è certamente condivisibile) e diamo per certo che lo saremo sempre, o almeno ci comportiamo come se fosse così.
In realtà tutte le evidenze mostrano che cambiamo continuamente, che siamo più simili ad un flusso in costante divenire piuttosto che a qualcosa di perennemente immutabile.
La realtà che sta davanti ai nostri occhi, ma che ci ostiniamo ad ignorare, è che nasciamo, cresciamo, invecchiamo e, infine, moriamo.
Un’altra scomoda realtà, che non vogliamo considerare, è che nessuno di noi sa quando morirà: potrebbe succedere fra 5 minuti o fra 20 anni.
Per queste ragioni, e alla ricerca di certezze da opporre alla sofferenza che esse ci generano, ci attacchiamo a qualsiasi cosa possa darci un barlume di sicurezza generando così infinita nuova sofferenza.
Il distacco nasce dalla comprensione profonda, spinta fino all’interno delle nostre cellule, di queste tematiche e della loro profonda ed attuale realtà.
Buon tutto
Antonio/Zen
Il disegno è dell’artista Dina Alchildieva